See on Scoop.itaugmented world

È arrivato il momento di chiederselo: è possibile “personalizzare” la realtà secondo i propri gusti, esigenze, piaceri? Come un tempo ci si chiedeva se era possibile arrivare sulla Luna, poi su Marte, ora ci si chiede cosa può darci in più la realtà di tutti i giorni. O meglio, cosa noi vorremo che ci mostrasse o non mostrasse, istantaneamente e fino all’ultimo particolare. Non è una domanda tanto campata per aria e non è neppure un’utopia così lontana: partendo dagli schermi di Minority Report, che semplicemente mostravano un nuovo modo di interagire con gli oggetti e l’ambiente circostante, passando per i più nerdy Google Glass (escludendo i rumors riguardo un ipotetico iWatch), ormai la tendenza e segnata, l’internet of things ha decisamente mosso i suoi primi passi

augmented world‘s insight:

Sotto le lettere AR (augmented reality) non si cela una semplice battaglia tecnologica rispetto alla massima personalizzazione, ma un vero e proprio cambiamento culturale, nel modo di essere e di vivere, in cui il contenuto della condivisione globale diveniamo noi stessi e la nostra routine, ciò che vediamo e sentiamo, senza un diretto controllo o un filtro: un Grande Fratello più vicino ad essere completamente reale (anche se non ancora così perverso e pericoloso). Sempre pronti a difendere il proprio metro quadro di libertà, sono stati gli statunitensi (ideatori stessi di questa tecnologia) a correre ai primi ripari, e a renderci partecipi di stranezze e cambiamenti: in alcuni bar di New York sono comparsi dei cartelli “questo è un luogo privato”, mettendo in discussione la canonica definizione di pubblico/privato.

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