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“Sono eccitato”. Palmer Luckey, fondatore di Oculus VR, non nasconde l’entusiasmo per un progetto improvvisamente accelerato dai soldi di Facebook. “Parlo da appassionato di videogiochi e credo che la sensazione di essere realmente al fianco di qualcuno sarà un salto di qualità rispetto all’essere solo connessi, magari solo con la voce. Oggi, anche quando giochi a uno sparatutto in prima persona, non ti senti davvero nello stesso posto degli altri giocatori. La realtà virtuale cambierà tutto“.

 

Ma la realtà virtuale non rivoluzionerà solo i giochi: le applicazioni possibili spaziano dall’educazione alla medicina, dalla comunicazione al cinema. Ed è proprio il cinema, in particolare, l’altra fissazione del team di Oculus, tanto che esiste già il kit di sviluppo per chi vuole provare a produrre il primo film pensato per la realtà virtuale. “Sarà entusiasmante, ma ci vorrà tempo prima che si capisca davvero come farlo”, continua Luckey. “Per decenni i film sono stati fatti per lo schermo, ma nessuno ne ha mai realizzato uno apposta per la realtà aumentata“. Dall’Ultra HD all’Ultra Real. Ci vorranno decenni.

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“Quando si tratta di esperienze come queste, è il contenuto che fa vendere l’hardware”, interviene Brendan Iribe, CEO di Oculus VR. Saranno quindi i giochi, i film o i sistemi di teleconferenza virtuale a far vendere i visori, non il contrario: nessuno, a parte i fissati, comprerebbe un casco del genere senza sapere prima cosa farci. “La nostra missione è far provare la realtà virtuale al maggior numero possibile di persone”, continua Iribe. “È veramente difficile da spiegare: tutti i visori realizzati fin qui non sono mai riusciti a offrire un’esperienza neanche lontanamente verosimile.

 

Noi stessi non siamo ancora perfetti, ma il prodotto che metteremo sul mercato offrirà un senso di presenza, una qualità così alta che non puoi immaginare. Se hai provato l’ultimo prototipo, sai quanto possa essere realistico trovarsi in un mondo virtuale”. L’ho provato: il cervello viene completamente fregato dalla vista e serve uno sforzo per ricordarsi dove ti trovi davvero. “Ed è solo l’inizio”.

 

In meno di due anni, il team di Oculus VR ha bruciato le tappe. “Siamo più avanti del previsto, ma non ancora al punto in cui vorremmo essere. Ci prenderemo tutto il tempo che serve per un bel prodotto, in grado di offrire un’esperienza all’altezza”, annuncia Luckey. Non esiste una data, per il prodotto finale, anche se più di una volta i vertici di Oculus hanno lasciato intendere che in ogni caso non si andrà oltre il 2016: se la seconda metà di quest’anno è improbabile, il 2015 sembra essere l’anno su cui scommettere. “È difficile darsi delle scadenze per le prossime tappe di sviluppo, ma la realizzazione del ponte ologrammi di Star Trek non è più in discussione, è solo una questione di tempo”. Serviranno investimenti giganteschi, in diversi campi. Anche perché “più lavoriamo sulla realtà virtuale e più impariamo cosa sia e come usarla per ricreare un’esperienza credibile”, dice Iribe.

 

La buona notizia è che sembra che il team abbia le idee chiare sul prodotto finale e su cosa migliorare. “Sarà importantissimo lo sviluppo di periferiche e accessori che permettano una comunicazione con il mondo virtuale più naturale possibile“: nulla può essere realistico se servono mouse e tastiera e l’uso di un gamepad può essere accettabile solo in una fase iniziale. Per una sensazione di vera immersione serve non solo un tracciamento dei movimenti, ma anche un feedback sensoriale su mani e corpo. La tanto decantata tecnologia indossabile, forse, potrebbe aiutare?

 

“Non è tanto una questione di tecnologia indossabile”, dice Luckey. “Possono essere sensori, accessori esterni o campi elettromagnetici: facciamo un sacco di ricerca per coinvolgere sempre più il corpo all’interno dei giochi, per trovare il modo di portarti oltre la sensazione di essere davanti a uno schermo e farti sentire veramente dentro ciò che stai guardando. Quale forma avrà la tecnologia per farlo, ancora non so dirlo”.

 

Dopo anni di tentativi infruttuosi, con gli investimenti annunciati da Sony e Microsoft – oltre a quello di Facebook – la realtà virtuale comincia a essere un’industria a sé stante e il 2014 il suo anno zero: “Con la realtà virtuale siamo oggi al punto in cui erano gli smartphone nel 2004: in dieci anni si sono sviluppati come non avresti mai pensato”, sostiene Luckey. “Allo stesso modo, la realtà virtuale non raggiungerà la maturità, ma sarà sicuramente molto più avanti di così”.

 

Guardando al futuro, un’attenzione particolare il team la sta dedicando all’applicazione della realtà virtuale alla mobilità: se il PC resta l’ambiente di sviluppo preferito, Iribe confessa che l’obiettivo è creare una piattaforma che possa funzionare su più dispositivi: “Valutiamo in continuazione nuovi dispositivi, nuovi modi per connettersi alla realtà virtuale”. Le console non offrono la stessa libertà di azione di un PC, mentre smartphone e tablet aggiungono una componente di libertà di movimento inedita.

 

Nel frattempo “siamo ancora molto concentrati sui giochi, anche perché saranno i giochi a tirare la realtà virtuale nel futuro prossimo. Ma si tratta soprattutto di realizzare esperienze convincenti”, chiude Luckey. Saranno partner e sviluppatori a doversi occupare dei contenuti, ad applicare la realtà virtuale a comunicazione, turismo e cultura, teleconferenze e chissà quale altro campo che oggi non ci viene ancora in mente – ma che certamente stanno già studiando negli uffici di Facebook. Ora che i problemi tecnici legati all’esperienza fisica sono stati risolti resta da mettere a punto una finzione sufficientemente credibile per il cervello e la prossima esperienza sarà più eccitante di qualsiasi sparatutto in prima persona tu abbia mai provato.

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