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“Essendo un ottimista, credo che la scelta di attori in carne ed ossa prevarrà e spero che ‘The Congress’ fornisca un piccolo contributo nel raggiungimento di tale obiettivo”. Parola del regista Ari Folman che dopo “Valzer con Bashir” del 2008 ha diretto “The Congress”, basato sul romanzo “Il congresso di futurologia” di Stanisław Lem e che finalmente il 12 giugno vedremo sbarcare nei nostri cinema, distribuito dalla Wider Films. Pellicola presentata in anteprima alla 66esima edizione del Festival di Cannes il 16 maggio 2013, come film d’apertura della Quinzaine des réalisateurs, e che in Francia fu distribuito subito dopo, il 3 luglio 2013. Protagonista del film Robin Wright, che interpreta una versione fittizia di se stessa.

 

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Attrice ormai in declino e con un figlio ammalato gravemente, la Wright si impegna a cedere i diritti di sfruttamento della propria immagine ad uno studio cinematografico: verrà scannerizzata nel corpo e nelle emozioni per dar vita ad un’attrice digitale per sempre trentenne.

Lei non potrà recitare mai più e lo studio potrà utilizzare la nuova attrice virtuale in qualsiasi modo ritenga opportuno (“Mentre a Los Angeles cercavo una location adatta a girare la scena della scansione – dichiara Ari Foman -, sono rimasto scioccato quando ho saputo che una stanza di quel tipo esisteva già”). Il contratto ha validità per 20 anni. Passato questo arco di tempo l’attrice reale si troverà, ormai sessantenne, a dover fare i conti con la nuova era dove il virtuale ha preso il sopravvento.

Da questo momento lo spettatore è catapultato in un ricco mondo animato dove la chimica fa da padrona: non esistono tanti film di cui tanti hanno memoria, ma esistono tante storie di finzione per quante persone esistono e, per di più, queste non sono condivisibili. Ognuno si costruisce la propria storia in un disperato bisogno di autodeterminazione.

 

Qui il film sembra lasciare la riflessione sul mondo del cinema – tranne nel suo concetto di fama e di star che si perde e non ha più significato e valore visto che nessuno avrà più la stessa memoria e gli stessi ricordi degli altri esseri umani – per portarsi ad una riflessione su una realtà virtuale che prende il comando spingendosi oltre il grande schermo. Ma in questa parte il film sembra un po’ perdersi, farsi troppo artificiale e poco comprensibile, nonostante le tante citazioni avrebbero potuto aiutare di più lo spettatore alla sua leggibilità, forse perché queste sono poco evidenti e chiare.

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