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La “scarsa alfabetizzazione informatica” e la “poca dimestichezza nell’uso delle tecnologie” sono tra i maggio ostacoli, secondo gli editori, della diffusione dell’e-book in Italia.

 

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Lo rileva l’Istat nel rapporto sulla “Produzione e la lettura di libri in Italia” elaborato su dati 2011 e 2012 e diffuso oggi.

Secondo il report, scarsa alfabetizzazione informatica e poca dimestichezza nell’uso delle tecnologie vengono additate dal 30,3%  come un problema per l’affermazione dei testi elettronici, seguito dall’immaterialità del libro digitale, che penalizza l’e-book rispetto al libro di carta (27,5%). Per molti intervistati (27,2%) pesa anche il costo dei dispositivi di lettura e per altri (18%) la “mancanza di un formato standard”.

Il rischio legato allo sviluppo della editoria digitale che viene avvertito con maggiore frequenza è poi quello di "svalutazione del ruolo d’intermediazione culturale dell’editore", che preoccupa il 33,5% degli intervistati (quota che sale al 41,3% tra gli editori del Sud). Il secondo rischio in ordine di importanza e’ rappresentato dalla "difficolta’ di tutela e protezione della proprieta’ intellettuale dei contenuti digitali" (34,6% degli editori attivi e il 41% dei grandi editori). Viene temuto anche il "possibile condizionamento del mercato da parte di software e formati proprietari" (31% degli editori attivi). Infine, la concorrenza con il mercato del libro a stampa tradizionale preoccupa il 23,9% degli editori attivi.

Guardando al futuro però solo un editore su quattro (il 26,5%) pensa che nei prossimi tre anni l’impatto della diffusione dell’e-book sul mercato editoriale sarà poco o per nulla rilevante, quindi il 73,5% dà loro una grande importanza Gli scettici si concentrano fra i grandi editori (che per il 32,6% attribuiscono una scarsa rilevanza all’impatto dell’e-book) e fra gli editori del Sud (25,6%). Al contrario, pronosticano un grande ruolo futuro per il libro elettronico soprattutto gli editori di medie dimensioni (per il 63% di essi l’impatto sarà molto o abbastanza elevato) e quelli che hanno sede nel Centro d’Italia (57,5%).

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