La realtà sta per superare l’immaginazione. L’idea di un’intelligenza artificiale umanizzata ha stuzzicato la fantasia dell’uomo per decenni, rimbalzando senza sosta dalla letteratura, alle serie televisive, ai film. E ha terrorizzato per le terribili implicazioni, per quegli scenari futuri difficili anche solo da immaginare, lasciando poi giusto un senso di sollievo. Perché quando si è finito di leggere un libro, o di vedere un film, ciò che ne rimane sono solo suggestioni. Solo immagini, solo parole.

Source: www.ipsoft.com

Di intelligenze ne abbiamo viste tantissime, qualcuno le ha anche create nella realtà – virtuale, certo -, come Apple e Microsoft, ma nessuna fino ad ora è stata come Amelia. È con lei che realtà e immaginazione si uniscono in un intreccio che confonde.

Amelia può parlare ben venti lingue, non ha una vita privata e per questo lavora giorno e notte. Però non fa solo questo, lei ascolta, impara ed entra in empatia con l’essere umano. Se non sa rispondere a ciò che le viene chiesto, si rapporta con un collega umano.

Può comprendere la semantica del linguaggio ed è in grado di risolvere i problemi nello stesso modo di un essere umano. Lei osserva silenziosamente le azioni dei suoi colleghi e impara a comportarsi di conseguenza quando ricapiterà una situazione simile, studia le interazioni umane. Funziona quindi come i suoi colleghi umani, solo che è uno studente più diligente e rapido. Pare possa “leggere”, infatti, 300 problemi in soli 30 secondi.

 

Amelia comprende

 

Ma Amelia non impara solamente, può anche comprendere le emozioni attraverso il riconoscimento di forme della lingua. Se un cliente è sconvolto, Amelia può cambiare le sue risposte di conseguenza, può consolare, può diventare una spalla amica su cui piangere.

Lei perciò non è una semplice assistente virtuale, perché non imita solamente, lei vuole capire. Ed è questo tentativo di comprensione che l’allontana completamente da tutto ciò sia mai stato tentato fino ad oggi. Va oltre la Siri di Apple e Google Now, e oltre la Cortona di Microsoft. Va oltre l’immaginazione.

 

L’idea nasce dall’IPSoft

 

Nata dalla società delle infrastrutture IT IPSoft, Amelia è frutto di 15 anni di ricerca, e prende il suo nome dalla pioniera dell’aviazione americana Amelia Earhart. È stata ideata principalmente per essere sfruttata nelle aziende, e oggi è ancora in fase pilota in aree in cui è possibile automatizzare il lavoro, come ad esempio l’help desk, contact center e aiuto ingegnere, anche se è in grado di completare una serie di altri processi aziendali. Non appena superato i test finali verrà lanciata ufficialmente e collaborerà con un alto numero di imprese. L’obiettivo della società è però di uscire dall’ambiente limitante delle aziende. Insomma, un giorno potrebbe capitare di chiacchierare con Amelia, magari senza rendersi conto che non esiste.

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