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Il rapporto Global Cloud Computing Scorecard pubblicato poche settimane fa vede il nostro Paese perdere posizioni a causa di una legislazione non adeguata in materia di protezione dei dati e della proprietà intellettuale. L’opinione di Matteo Mille, presidente dell’associazione.
C’è una stretta relazione tra la capacità e la volontà di adottare politiche e strategie che tutelano la privacy dei dati e la proprietà intellettuale e la possibilità che il cloud computing si affermi in ciascun Paese.
Ne è convinta Bsa, così come ne è convinto il presidente della branch italiana dell’Associazione Matteo Mille. ”Perché lo sviluppo del cloud si affermi – sostiene infatti Mille – è necessario un terreno adatto. Un terreno fatto di norme e regolamentazione ancora carenti nel nostro Paese”. La considerazione amara nasce dopo la pubblicazione, poche settimane fa, della seconda edizione dello studio 2013 BSA Global Cloud Computing Scorecard nel quale si analizzano i passi compiuti negli ultimi dodici mesi dai più importanti Paesi per prepararsi a cogliere il pieno vantaggio della nuova economia digitale. E da questo report l’Italia non esce particolarmente bene, considerato che su ventiquattro Paesi oggi occupa la decima posizione e che questo piazzamento rappresenta un regresso rispetto all’anno precedente.
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