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Le due definizioni di Open Data e Big Data si accompagnano ormai sempre più spesso facendo riferimento alla necessità e possibilità di accedere a questi contenuti informativi per poter operare in termini di confronto, integrazione, analisi di grandi masse di informazioni riguardanti dati statistici, geografici, economici e demografici.

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Nello specifico, con l’espressione Open Data, o dati aperti, si fa riferimento alle informazioni raccolte dalle PA e messe a disposizione dei cittadini e delle imprese, attraverso lo strumento web, sotto forma di database interoperabili e con licenze libere. Nell’ambito della PA, infatti, da sempre vengono raccolte informazioni sulle tematiche più svariate e oggi, tramite queste collezioni di dati, si ha la possibilità di restituire il patrimonio informativo accumulato ai cittadini e agli operatori economici di settore. Le principali caratteristiche degli Open Data DataBase sono: trasparenza, partecipazione e collaborazione, che mirano a modificare i rapporti di condivisione di conoscenza tra PA e cittadini, imprese ed enti pubblici.

I Big Data (BD), invece, indicano un insieme di dati complessi (“big”), sia da un punto di vista quantitativo, sia dal punto di vista qualitativo, relativamente alla loro laboriosità: distribuzione su scala mondiale, eterogeneità delle fonti, difficile accesso alle informazioni intrinseche dei dati stessi. Da qui nasce l’esigenza di organizzare in maniera pianificata i dati, al fine di renderli fruibili senza vincoli tecnologici, spaziali e/o temporali. Si tratta, quindi, di riuscire a mettere in relazione diverse tipologie di dati: strutturate (in archivi e database), semi-strutturate e non strutturate (come blog, e-mail, testi e immagini).

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