In risposta a uno scenario che vede un massiccio e ben documentato movimento delle aziende di ogni tipologia verso i servizi cloud, sta emergendo un trend meno evidente: i governi stanno promulgando una serie incoerente di leggi e regolamenti che di fatto definiscono l’utilizzo del cloud in relazione alle specifiche esigenze dei singoli paesi.
Questo mosaico di normative così diverse tra loro, sta rendendo difficile il flusso dei dati attraverso le frontiere e i service providers internazionali non hanno accesso ad alcuni mercati locali. La netta conseguenza di questa situazione è abbattere le vere economie di scala che il cloud ha intenzione di promuovere. BSA | Software Alliance fornisce un’analisi dettagliata della situazione nel recente 2013 Scorecard Cloud Computing. Lo studio ha rilevato alcuni incoraggianti progressi nell’ambito delle normative legate al mondo cloud, ma è un’evoluzione a macchia di leopardo. Alcuni paesi stanno facendo passi da gigante per migliorare il loro ambito legislativo a favore del cloud, ma altri, tra cui alcuni dei mercati più grandi del mondo nel settore della tecnologia, sono in fase di stallo o addirittura fanno marcia indietro. Nell’analisi condotta da BSA, l’Italia si posiziona al decimo posto su ventiquattro Paesi, una regressione rispetto alla sesta posizione dello scorso anno. I servizi cloud dovrebbero produrre circa 14 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo entro il 2015 – e più della metà di questi posti di lavoro provengono da piccole e medie imprese. Si prevede che il cloud genererà fino a 1100 miliardi dollari di fatturato annui entro il 2015. La crescita globale è tuttavia subordinata all’esistenza di un contesto normativo che permetta alle aziende di sviluppare business in qualsiasi mercato e i clienti hanno accesso al meglio che il mondo cloud possa offrire.
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