Solo domande intelligenti possono creare il Big Business

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La tecnologia? Uno strumento abilitante un processo. Chi descrive quest’ultimo? Le persone, persone che hanno una conoscenza accurata delle attività che sottostanno quel determinato processo e del contesto d’impresa, interno ed esterno, di cui esse sono parte integrante. Insomma la tecnologia non è un fine, ma un mezzo.

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 Perché questa divagazione concettuale? Perché di fronte a quanto sta succedendo nell’universo del Big Data, termine che racchiude una infinità di teorizzazioni e declinazioni, la tecnologia tende spesso a essere vista come soluzione tout court. Esiste il pericolo che il fattore tecnologico diventi predominante generando un effetto  controproducente al raggiungimento degli obiettivi desiderati. Come mettere il carro davanti ai buoi.  
Più e più osservatori affermano che il rilascio di informazioni coerenti con una ottimizzazione del business, o con la creazione di nuovi prodotti e servizi che permettano di essere competitivi, debba fare i conti con la capacità di mettere a punto gruppi di lavoro estesi che possano mettere a fattor comune know-how ed esperienze differenti. 
La tecnologia, se vogliamo, è l’ultimo dei fattori da considerare. Attenzione, non perché questa componente non sia importante, le scelte e gli investimenti vanno pesati e ponderati, ma perché essa è conseguente un’elaborazione di business. Cosa, quanto, come una normale attività, al di là di una visione analitica e di intelligence delle operations, può pensare di essere traslata in una dimensione Big Data? Quali sono i dati nascosti, non ancora identificati, immaginati, immaginabili, che il proprio ecosistema di business può, potrebbe, esprimere? 
Sempre più spesso, negli eventi e nelle discussioni pubbliche sulla nuova teoria dell’analisi dei dati si mette in risalto come sia necessario porsi in una prospettiva Big Data coalizzando e coagulando attorno a progetti di questo tipo molteplici esperienze, marketing, tecnologiche, statistiche, ingegneristiche… Insomma, un progetto Big Data deve, dovrebbe, secondo quanto affermano le persone che hanno già avuto un’esperienza in questa tipologia di impresa, poggiare su più contributi. 
Dal brainstorming di un gruppo allargato di persone possono nascere le idee più interessanti e, forse, i progetti a più alta probabilità di successo. Per quanto riguarda la formulazione vera e propria di un esercizio analitico, una volta appurato quale sia il contesto da indagare, è bene tenere sempre presente che le risposte che si ottengono, o meglio, le informazioni, sono determinate dalle domande che vengono poste all’interno di contesti ambientali, sociali e d’impresa. E come accade a scuola, è sempre la capacità di porre delle domande intelligenti a generare una nuova conoscenza. Le risposte, intelligenti, ne sono una conseguenza. Ma occorre anche essere in grado di leggere le risposte. E in questo senso, riportando la nostra argomentazione in tema di analytics e Big Data, occorre avere all’interno delle aziende “intelligenze” che sappiano formulare domande che aprano a nuovi ordini di conoscenza e “intelligenze" che sappiano interpretare nel modo corretto le risposte. Si corre il altrimenti rischio di utilizzare “un linguaggio” senza che vi sia un nucleo di persone in grado di interpretarlo, dando così adito a una generale disinformazione, i cui rischi possono essere Big quanto il Big Data stesso. La tecnologia, quindi, è importante, ma ancor più importante e utile è sapersi porre domande all’altezza delle risposte che la tecnologia può generare.

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Altro che Big Data, la vera rivoluzione è quella degli ‘’Small data’’

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Si parla tanto di ‘’Big data’’ in questi giorni, ma si dimentica che la vera opportunità viene dallo ‘’Small data’’, i tanti mondi dei tanti dati diffusi.

 

Non la mega-armonia delle massime sfere celesti, ma il frastuono di dati decentralizzati. Non ‘’la formula del signore degli anelli che domina tutto’’, ma gli ‘’isolotti della Rete’’, gli ‘’Small Pieces Loosely Joined ‘’ . 

 

Rufus Pollock, fondatore e condirettore della Open Knowledge Foundation spiega perché la ‘’vera rivoluzione’’ è quella degli ‘’’Small data’’ invitando chi lo desidera a iscriversi alla  comunità degli Open Knowledge Labs

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Big data ha il sapore alla moda della centralizzazione che ha caratterizzato tutte le epoche della storia dei calcolatori. Il pensiero secondo cui ‘’guarda!,  abbiamo più dati di quanti ne possiamo processare’ (una cosa che è stata sempre vera, di anno in anno, da quando è iniziata l’ era del computer) è vestito all’ ultima moda, quella che impone tutte le tendenze tecnologiche ‘’must’’.

 

Nel frattempo però – dice Rufus Pollock, fondatore e condirettore della Open Knowledge Foundation – rischiamo di perdere di vista la storia molto più importante, la vera rivoluzione, che è la democratizzazione di massa dei mezzi di accesso, conservazione ed elaborazione dei dati. Questa storia non è fatta di grandi organizzazioni che utilizzano i software paralleli di decine di migliaia di server, ma di più persone che ora sono state in grado di collaborare efficacemente in un ecosistema di informazioni diffuse, un ecosistema di piccoli dati.

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La seconda ondata cloud porterà risparmi ed efficienza

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n base a tutte le analisi realizzate negli ultimi tempi, cloud computing e mobile sono le due tendenze che stanno trasformando lo sviluppo del business e la vita degli utenti finali. La prima generazione del cloud si è focalizzata soprattutto sull’ottimizzazione dei costi, mentre la seconda dovrebbe aiutare realmente le aziende a risparmiare e lavorare in modo più efficiente. Questa considerazione di partenza serve a John Considine, Cto di Verizon Terremark, per analizzare le modalità che stanno cambiando la vita di dati e applicazioni.  

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Il direttore tecnico di Verizon Terremark fa notare come i Cio continuino ad avere preoccupazioni legate alla sicurezza e alla compliance normativa: “Non è il modo giusto di affrontare questa fase di rottura. Gli It leader, a mio avviso, devono focalizzarsi su un livello più alto e spendere meno tempo in attività operative troppo basse”. Le cose stanno diventando un po’ più semplici dal punto di vista architetturale, ma ci sono anche fattori di complicazione da prendere con la dovuta attenzione, a cominciare dalla diffusione del mobile computing: “Come facilitare la connettività e l’interazione fra un più ampio set di interfacce? – si chiede Considine – Le aziende devono pensare di armonizzare le tecnologie all’interno dei data center, integrando processi cloud e un mix di reti wired e wireless. L’It può acquisire valore aiutando il business ad abbracciare le nuove tecnologie”.

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La Business Intelligence Hr come sopravvivenza per l’organizzazione e l’impresa

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La Business Intelligence rappresenta oggi la “sopravvivenza in azienda” in quanto consente di raggiungere quell’eccellenza gestionale impensabile per resistere alle difficoltà generali ed alla contrazione del mercato attuale.

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Questa affermazione è validata dalla crescita di fatturato delle aziende impegnate in questo settore, unico settore tecnologico con globali aumenti di andamento, attorno al +5% nell’anno 2012. In assenza di queste metodologie di BI, oggi disponibili ed economicamente accessibili, i data base non possono essere sufficienti come fonte inesauribile d’informazioni essendo di difficile, lunga ed onerosa esplorazione oltre che impossibile visualizzazione globale.

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Dell accelera le iniziative BYOD dei clienti con un nuovo portfolio di soluzioni per la mobilità

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Nuove soluzioni che aiutano le aziende a pianificare, implementare e gestire ambienti mobili e BYOD per ottenere maggiore valore di business dai loro investimenti IT: è questa la più recente offerta a marchio Dell che va a rafforzare ulteriormente il ruolo dell’azienda come fornitore di soluzioni end-to-end innovative che semplificano gli ambienti di dati complessi, accelerano la trasformazione verso il cloud, riducono gli ostacoli alla mobilità e mitigano i rischi di sicurezza.

 

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All’evento Dell di San Francisco “The Power to Do More – Accelerating Results”, dirigenti aziendali, leader del settore, clienti e partner di canale hanno condiviso idee e prospettive sulla strategia end-to-end di Dell per rispondere alle esigenze del mercato. Inoltre, attraverso discussioni interattive, i clienti hanno mostrato le tecnologie integrate e scalabili di Dell che si stanno rivelando determinanti per stare al passo con le esigenze di business emergenti e i megatrend tecnologici, tra cui la consumerizzazione dell’IT, il cloud computing, l’analisi dei dati, la sicurezza e la business intelligence. Secondo Gartner, le nuove tecnologie, implementate in maniera innovativa, sono molto promettenti, ma minacciano i modelli tradizionali di gestione e le policy formali. Le aziende dovrebbero sostenere questa nuova realtà dismettendo silos poco produttivi e consentendo ai dipendenti – attraverso nuove tecnologie e processi – di collaborare e comunicare in maniera più produttiva.

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IBM acquisisce UrbanCode

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IBM ha annunciato l’acquisizione di UrbanCode, azienda con sede a Cleveland, Ohio, che automatizza la distribuzione del software, permettendo alle aziende di rilasciare e aggiornare le applicazioni per mobile computing, social media, big data e cloud con estrema rapidità

 

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Le tecnologie di mobile computing, social media, big data e cloud richiedono che la distribuzione del software avvenga più rapidamente e con maggiore frequenza. Attendere giorni o addirittura mesi per fornire un aggiornamento ai clienti non è più accettabile. Con la tecnologia di UrbanCode, le aziende possono ridurre da mesi a minuti i tempi richiesti per portare sul mercato aggiornamenti o nuove applicazioni. In questo modo le aziende possono ridurre i costi e i rischi, rispondendo al contempo all’evoluzione delle esigenze dei clienti: un’azienda può infatti aggiornare rapidamente i propri servizi e applicazioni in base al feedback ricevuto e migliorare così la qualità complessiva.

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