Mag 22, 2013 | News ICT
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Non solo cloud, social e Big data. La diffusione di tablet e smartphone sta trasformando le reti aziendali in reti globali e la forza lavoro da sedentaria a mobile. E il nuovo pilastro dell’It aziendale si chiama enterprise mobility. Per i ricercatori di Idc, in meno di cinque anni, l’enterprise mobility è passata dall’essere una piccola voce nei budget IT aziendali, a una delle priorità dei manager. E il sorpasso di consegne di dispositivi mobili sui Pc ha spinto a tavoletta il mercato. Oggi, all’interno di un mondo sempre più mobile, i chief information officer delle grandi aziende stanno modificando le loro strategie e policy sull’It. Se la necessità di gestire il rischio e proteggere l’azienda ha segnato la prima fase di questa trasformazione, la consapevolezza di poter supportare i processi di business sta ora caratterizzando la seconda e sta aprendo le aziende anche da noi a fenomeni come il Byod (bring your own device).dell’enterprise mobility, ha raccolto 200 milioni di euro da Insight Venture diventando il big player di mercato. Il tema della sicurezza è centrale. L’ha spiegato il ceo di Airwatch John Marshall: “Il 70% dei nostri clienti sono imprese che utilizzano il cloud per implementare le piattaforme di enterprise mobilità”. La sfida è offrire convergenza e mobilità senza alcun rischio per le aziende.
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I dipartimenti IT puntano sull’Enterprise Mobility come motore di innovazione e opportunità. Stando agli ultimi dati di Idc, il tasso di adozione di software di enterprise mobility management per supportare ambienti mobili multipiattaforma è raddoppiato tra le aziende nella seconda metà del 2012. In Europa la spesa per il software di enterprise mobility ha superato i 480 milioni di dollari nel 2012, con la previsione di superare i 660 milioni entro la fine del 2013. Nel Vecchio Continente, il tasso di crescita medio annuo di queste soluzioni dovrebbe viaggiare a una velocità del 18%. Questo almeno per il periodo compreso tra 2012 e 2017. Che il business sia in pieno fermento basta dare un’occhiata all’attivismo dei fondi di venture capital. Una società come Airwatch, che supporta la gestione e la sicurezza
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Mag 22, 2013 | News ICT
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Esiste una teoria che afferma che i dati si espandono in rapporto alla disponibilità e capacità dello storage. Se valutiamo la condizione attuale e le prospettive future, ciò vuol dire che il volume di dati prodotto globalmente tenderà a crescere all’infinito.
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Il Big Data è, pertanto, una conseguenza fisiologica di questo fenomeno e mira a valorizzare le informazioni che si annidano nell’ecosistema di dati generato dall’Internet of things, dalla componente social networks e dalla progressiva digitalizzazione di processi e servizi. Per valutare quanto questo fenomeno sia reale basti pensare che il 90% dei dati generati globalmente sono stati prodotti negli ultimi due anni. Una crescita iperbolica, una tendenza che è ormai diventata una costante di sviluppo. Che da questa gigantesca quantità di dati si possa poi passare, attraverso un processo di contestualizzazione relativo all’attività di riferimento delle singole aziende, a una reale valorizzazione e monetizzazione dei dati è poi tutto da vedere. Diciamo che per ciascuno significa essere di fronte a un fenomeno che determina una potenziale opportunità di business. La sfida è riuscire a creare un processo di raffinazione dei dati per razionalizzare un universo di dati in precedenza inesistente. Processo, comunque e sempre, associato a una complessità maggiore rispetto al passato. Ma per quanto il Big Data sia diventato il nuovo mantra esso non si traduce ancora in una metodologia applicata con successo all’interno delle organizzazioni. Tranne eccezioni, il Big Data, nella migliore delle ipotesi, permette di avere una maggiore eterogeneità di dati rispetto a quelli sinora trattati così come attingere a nuovi data source. Il Big Data è un fenomeno che è ben lungi dall’essere diventato una pratica mainstream e, non ultimo, è un fenomeno che deve ancora essere pienamente valorizzato. Insomma il messaggio che arriva agli utenti è il seguente: guardate, intorno a voi esiste una quantità di dati che potete valorizzare, che è estranea al patrimonio di informazioni tradizionale. Armatevi di un setaccio e setacciate, se siete fortunati troverete il nuovo oro. Meglio rimanere con i piedi per terra. Tutto è possibile, ma è bene sognare ad occhi aperti. Nel senso che è meglio non cadere preda di facili illusioni. Per esempio è bene sapere che nonostante vi siano aziende che affermano di essere diventate data-driven le decisioni importanti, di alto livello, sono ancora determinate da altri fattori. Una cosa è avere la capacità di collezionare dati, e le tecnologie oggi disponibili permettono di collezionare una varietà e un volume di dati senza precedenti, altra cosa è far sì che questi dati determinino delle azioni reali e coerenti. Perché il reale problema è interpretare i dati. Tanto è vero che se due società attive nello stesso settore fossero nella condizione di disporre degli stessi dati, nessuna delle due assumerebbe le stesse decisioni poiché i dati verrebbero, per l’appunto, interpretati secondo coscienza.
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Mag 22, 2013 | News ICT
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Siamo nell’era delle smart city, dell’Internet of Things e dei sensori (sono a base Rfid ma pochi lo sanno): un’immensa mole di dati circola nel cyberspazio e va a ingrossare le fila di quella che è stata definita infosfera. L’intelligenza delle cose e il carico di Big Data che porta con sé sono il futuro: vanno capiti e gestiti. Le varie trasformazioni dell’It hanno un ruolo nel processo che riguarda i Big Data e, di conseguenza, anche nelle nostre vite.
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Intelligenza delle cose significa Big Data. E Big Data significa dare un senso e ottimizzare l’utilizzo delle informazioni dovute all’ingente quantità di informazioni sparse per la rete. Ma da dove arrivano tutti questi dati? Ecco un’interessante tassonomia. Dispositivi, cioé tutte quelle creazioni tecnologiche che comprendono elettrodomestici di uso quotidiano come forni o televisioni, per arrivare ai più sofisticati dispositivi di alta tecnologia come smartphone, tablet, pc o consolle di gioco. Tutti questi dispositivi sono l’esempio di ciò che è l’intelligenza delle cose. Nell’era della Internet of Things sono tutti generatori di dati: le nostre lavatrici più high-tech sono in grado di segnalare un guasto via internet, gli smartphone conoscono la nostra posizione via Gps e possono aiutarci a localizzare il ristorante più vicino. Ambiente inorganico: dalle informazioni meteo alle osservazioni astronomiche, dai depositi minerali ai principi della fisica e della chimica, i sensori intercettano e producono dati che giocano un ruolo importante per la sicurezza e per il controllo ambientale (esondazioni, maremoti, sismi, incendi, fughe di gas, tsunami e via dicendo). L’intelligenza delle cose e i dati che produce sono anche qui. Ambiente organico: esseri viventi (vegetali o animali) sono fonte continua di informazioni. Basti pensare solo ai dati computazionali accumulati dalla ricerca genomica, dalla medicina, dalla zoologia. Ambiente urbano: dalle zone a traffico limitato (Ztl) alla tracciabilità Rfid dei rifiuti, dai telepass ai parcheggi intelligenti fino ad arrivare ai nuovi modelli di gestione delle risorse energetiche tramite smart grid le smart city stanno diventando realtà. Questa è l’intelligenza delle cose di cui possiamo fare esperienza ormai quotidianamente.
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Mag 22, 2013 | News ICT
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Un grande successo per la Conferenza che si è tenuta a Londra lo scorso 7 e 8 maggio presso Victoria Park Plaza e che ha riunito “pionieri” e leader del settore da tutto il mondo. Tra i tanti relatori che vi hanno preso parte, quest’anno era presente anche Jonathan Hewett, CMO Octo.
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Il settore della telematica assicurativa cresce e diventa ogni giorno sempre più competitivo, e questo non è certo un segreto; anzi, molti interventi della due giorni londinese lo hanno confermato. L’unico modo per mantenere standard elevati in un campo in continua evoluzione e cambiamento, è ridurre il costo dei sinistri e aumentare il premio nei segmenti di mercato redditizi. È di questa idea Jonathan Hewett, che ha esortato gli assicuratori a sposare un approccio orientato ai Big Data, in altre parole, un approccio più forte e basato sui fatti reali. Lavorare con i Big Data non è facile e richiede capacità di analisi avanzate, ma permette alle compagnie assicurative di monitorare i trend di riferimento e produrre risultati di qualità che sono di grosso aiuto per la fase di pianificazione della strategia aziendale. Hewett ha spiegato che grazie all’utilizzo dei Big Data non solo si può ridurre il numero degli incidenti e aumentare la sicurezza sulle strade, ma sarà possibile, in futuro, fornire ai clienti dei preventivi sui costi da sostenere “basati sui fatti, non sulle previsioni”. Oppure, se vogliamo, meno supposizioni e più certezze per le aziende. Dal momento che l’analisi dei dati fornisce a imprese e assicuratori le “linee guida” per le decisioni che si trovano a dover prendere per la loro azienda, l’interesse nei confronti dei Big Data dovrebbe essere ancora più forte. Come ha sottolineato Jonathan Hewett nel suo intervento, “senza analisi mirate e dettagliate si può (solo) ipotizzare!”. Semplicemente, quale che sia la direzione che decida di prendere un’azienda – piccola o grande, non importa – dovrebbe essere basata sul maggior numero di dati disponibili: i Big Data.
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Mag 22, 2013 | News ICT
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Teradata presenta Teradata Intelligent Memory™, una tecnologia per database innovativa. Teradata Intelligent Memory™ è la prima soluzione di settore che estende ed utilizza lo spazio di memoria, oltre alla cache, consentendo di incrementare in modo significativo le prestazioni delle query e di sfruttare le potenzialità della tecnologia in-memory nell’ambito dei big data. Le innovazioni di Teradata aiutano le organizzazioni ad analizzare i dati per conoscere meglio i propri clienti e il proprio business, velocizzando così i processi decisionali che portano ad ottenere un vantaggio competitivo ed un miglioramento della profittabilità.
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Mag 22, 2013 | News ICT
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Start-up, settore dell’istruzione, piccole e grandi imprese: ecco chi sta salendo sulla Nuvola.
Le tendenze relative all’IT partono sempre dagli Stati Uniti ed è quindi utile – e forse necessario – tenere monitorati i trend e le opinioni che arrivano da Oltreoceano. In un articolo recentemente apparso su www.cloudtweaks.com (sito specializzato nel Cloud Computing), Pere Hospital, CTO e co-fondatore di Cloudways Ltd, illustra il modo in cui la “Nuvola” sta modificando il modo di fare business e propone un elenco di realtà e settori che l’hanno già adottata.
dataumpa‘s insight:
“Il Cloud Computing sta al settore IT come i servizi di outsourcing stanno alle aziende manifatturiere” sostiene Hospital. Software, infrastrutture e piattaforme sono oggi risorse accessibili mediante pochi click, senza il problema del setup o dell’acquisto di hardware aggiuntivo. Inoltre il Cloud permette di ridurre i costi – questione a cui sono sensibili le aziende di qualsiasi dimensione – e di rendere più flessibili i pagamenti (pay-per-use).
Come si può usare il Cloud Computing?
Le possibilità di utilizzo della nuvola sono molteplici, ecco una serie di esempi:
Start-up: le nuove aziende stanno ricorrendo sempre più massicciamente al Cloud, perché consente loro di focalizzarsi sullo sviluppo, mantenendo costi operativi contenuti.Più opportunità per tutti: il Cloud permette a qualsiasi azienda di accedere a notevoli risorse di calcolo, anche a quelle che in precedenza non potevano permettersi di considerarleCollaborazione: il Cloud incoraggia la collaborazione tra aziende, soprattutto nel settore manifatturiero; la possibilità di collaborare sta prendendo piede anche nell’educationalAccessibilità: gli utenti possono accedere alle risorse aziendali sempre e da qualsiasi luogo, con conseguente incremento della produttività
Chi sta andando verso il Cloud?
Gli esempi elencati da Hospital sono prevalentemente relativi alla realtà statunitense:
Il sito ufficiale del Governo degli Stati Uniti sta migrando sul Cloud.Il New York Times userà il Cloud (Apache’s Hadoop e EC3 di Amazon).Il sistema delle ferrovie cinesi sta migrando sul Cloud.College, università, istituti di tecnologia mettono le proprie risorse a disposizione di studenti e insegnanti attraverso la Nuvola.Le biblioteche online delle università ricorrono al Cloud open-source.Ospedali, fornitori di energia elettrica, e numerose altre realtà vanno verso il Cloud per non dover sostenere i costi delle risorse IT in-house.
Il nostro Paese non è ancora così maturo per l’adozione del Cloud, ma il motore rappresentato dall’Agenda Digitale potrebbe incentivare l’adozione di questa tecnologia in settori come quello dell’istruzione e della sanità.
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