E-government, il cloud taglia i costi possibili quasi 6 miliardi di risparmi

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L’ e-government è prossimo ad un nuovo salto di qualità: grazie alle nuove tecnologie del cloud computing si potranno risparmiare in cinque anni ulteriori 5,6 miliardi di spese di funzionamento della macchina pubblica, qualcosa di più del gettito dell’Imu prima casa. 

 

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La stima viene da un gruppo di lavoro approvato e finanziato per 600mila euro in seguito ad un bando pubblico del ministero della Ricerca Scientifica. Il gruppo è inserito in uno dei progetti di ricerca di interesse nazionale del programma Ue “Horizon 2020”. Il lavoro coinvolge 70 ricercatori e sette atenei: capofila di questi è l’Università Europea di Roma (e Alberto Gambino che vi insegna diritto privato è il coordinatore nazionale del gruppo), gli altri atenei sono Bologna, Tor Vergata, Napoli Federico II, Seconda Università di Napoli, Salerno e Benevento. Lo studio, che durerà tre anni ed è intitolato “Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione come strumento di abbattimento delle barriere sociali, economiche e culturali”, è stato presentato ufficialmente all’Università Europea di Roma in un workshop cui hanno partecipato giuristi come Stefano Rodotà e Natalino Irti, il garante per la privacy Antonello Soro, il presidente dell’AgCom Angelo Maria Cardani, il deputy director della Commissione europea Roberto Viola. «Il nostro impegno di individuare soluzioni utili per la cittadinanza – ha spiegato Gambino comprenderà. una consultazione pubblica che coinvolgerà cittadini, imprese e istituzioni, il tutto per identificare un quadro giuridico chiaro ed equilibrato tra società e sicurezza, pubblica amministrazione digitale e tutela dei diritti individuali, dalla privacy alla proprietà intellettuale».

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Big Data marketing: l’esperienza multicanale integrata

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Ogni giorno le aziende devono prendere decisioni di marketing, scelte che si possono rivelare grandi opportunità ma allo stesso tempo grandi rischi e che possono determinare il loro successo o fallimento.

 

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Per questo motivo avere accesso a più informazioni possibili, integrando i dati presenti nei database con quelli provenienti dall’esperienze di acquisto multicanale, può rivelarsi la chiave di successo di un’azienda.

Si parla di rivoluzione digitale e McKinsey, Chief Marketing & Sales Officer Forum,  si domanda in questa infografica se il mondo del business sia pronto ad entrare nella nuova era dei Big Data. Un approccio che cambia il modo di fare marketing, che sposta l’attenzione dal prodotto al cliente e alle informazioni che ogni giorno dà. Il processo decisionale  del consumatore sta diventando sempre più interattivo e collaborativo, ecco alcuni dati.  Nel momento di valutazione dei prodotti il 70% delle persone consulta le recensioni di altri utenti per recuperare informazioni, il 37 % dei possibili compratori è influenzato dal passaparola e il 90% crede e si fida delle raccomandazioni. Questo tipo di ricerca viene fatta sempre di più attraverso il web, si parla del 10-25 % di utenti che utilizzano Facebook e altri social network per prendere decisioni d’acquisto. Sono ben 700,000,000,000 i minuti spesi al mese su Facebook, 34.000 ricerche effettuate ogni secondo su Google, 44.800.000.000 i messaggi email inviati ogni giorno e 500.000.000 i tweet spediti e ciò corrisponde a un grande. Il 60 % delle persone che seguono i brand su Facebook sono alla ricerca di offerte e di coupon, ciò significa che se vengono influenzati positivamente da altri utenti sono disposti ad effettuare anche azioni d’acquisto direttamente online.

 Le aziende stanno capendo l’importanza di gestire questi dati e si prevede infatti che entro il 2018 negli Stati Uniti serviranno ben 165.000 i lavoratori con competenze specifiche nei Big Data. L’utilizzo completo di queste informazioni può far aumentare fino al 60 % il margine operativo di un’organizzazione. Per ottenere questo vantaggio le aziende devono poter offrire un’esperienza multicanale integrata che comprenda siti web, applicazioni mobile, presenza sui motori di ricerca e nei social media, avere forza vendita, attività di call center e agenti sul territorio. Alla base deve esserci un equilibrio tra le attività di marketing interne e le informazioni che derivano dall’esperienza del consumatore, solo così le aziende saranno al posto giusto nel momento giusto e saranno in grado di assorbire in tempo reale gli input che gli utenti offrono.

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Un unico spazio per tutti i servizi: la rivoluzione in Google Apps

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Prosegue l’importante serie di rilasci che sta investendo la piattaforma Google Apps e la parola chiave di questo processo è sicuramente integrazione.

 

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Google crede che prodottidiversi possano funzionaremeglio ed offrire servizi migliori se possono contare su un’ esperienzaunificata e, per questo motivo, ha deciso di cambiare la propria offerta di storage in modo sostanziale e positivo. In dettaglio ogni account Gmail gratuito o Apps a pagamento disponeva di diverse capacità di memorizzazione: Gmail offriva 10 GB circa di spazio mentre GoogleDrive e Plus potevano contare su altri 5 GB di memorizzazione che potevano essere occupati con file e documenti in formato proprietario (cioè non Google) oppure con fotografie di risoluzione superiore ai 2048 px. Questo discorso era applicato anche a tutti gli account Apps, ad eccezione dello spazio offerto. Google ha unificato queste risorse garantendo un totale di 15 GB liberamenteutilizzabile tra posta, file ed immagini per ogni casella. Il principale vantaggio di questo approccio è la libertà offerta ad ogni utente di disporre di un ampio disco fisso cloud e di poterlo utilizzare al meglio delle proprie esigenze. Per esempio, ne potranno beneficiare tutte le persone che, solo per descrivere pochi casi, ricevono e spediscono molti messaggi ma utilizzono di rado Plus e Drive oppure, al contrario, chi scambia poche mail con i propri contatti ma utilizza il proprio account come vero e proprio back upfotografico. Mountain view sta applicando le modifiche proprio in questi giorni e, per rendere più funzionale questo passaggio, ha allestito una nuova dashboard di controllo in cui ogni utente potrà verificare lo stato e la qualità del proprio hard disk.

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L’arte di vedere i dati

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Dall’animazione digitale ai big data il passo può essere breve: Pat Hanrahan ha contribuito a fondare Tableau Software dopo aver varato alcuni anni prima un’altra startup, la Pixar. Un suo allievo all’Università di Stanford, Chris Stolte, aveva scelto una tesi di laurea sulla visualizzazione dei dati. La ricerca è diventata la piattaforma Polaris. E insieme hanno lanciato uno spinoff accademico con un terzo socio, Christian Chabot. 

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Potevano restare in California, ma hanno preferito il trasferimento in una città a elevata concentrazione di imprese innovative, Seattle, per avviare la loro startup che esplorava tecniche di rappresentazione dei dati e di business intelligence. Era il 2003 e avevano anticipato i tempi. Ma il mercato ha confermato la loro fiducia. Durante l’anno scorso il fatturato di Tableau Software è aumentato rispetto al 2011 del 104,6% a 127,7 milioni di dollari: il 70% deriva da licenze e il 30% dall’assistenza. E sbarca in Borsa dove il confronto è con rivali come Actuate, MicroStrategy, QlikView, Splunk. A trainare le richieste da parte delle aziende sono i big data. Secondo la previsione di Idc entro i confini delle imprese le informazioni strutturate raddoppieranno ogni due anni. Anche in Italia gli atenei sono fabbriche di startup capaci di incoraggiare una cultura data driven. È dall’Università di Perugia che parte la storia di Vis4: ha costruito piattaforme per la visualizzazione di big data grazie agli studi in ambito accademico del team guidato da Giuseppe Liotta, professore ordinario di Ingegneria informatica nell’ateneo del capoluogo umbro. Molte startup hanno radici in lunghi percorsi di ricerca scientifica come SpazioDati di Trento Rise che ha il supporto della Fondazione Bruno Kessler e dell’Università di Trento.

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San Francisco Smart City Platform: Oracle centralizza Open Data, smart grid, sensori e smart mobility

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È stata presentata all’inizio di maggio la nuova Smart City Platform di Oracle per la città di San Francisco. Grazie alla collaborazione con Paradox Engineering, azienda con sede in Svizzera, nel Canton Ticino di lingua italiana, la company americana fornisce ai suoi clienti una nuova piattaforma per smart city basata su network wireless multiuso e bidirezionale, in grado di gestire più applicazioni multipiattaforma.

 

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La Smart City Platform adottata dalla città di San Francisco consentirà la gestione diretta, centralizzata e da remoto di sistemi di smart lighting, di smart metering, di ITS per i trasporti intelligenti, digeolocalizzazione, di smart security, per le smart grid e di ricarica batterie per veicoli elettrici (eMobility). La piattaforma consente alla municipalità e alle aziende coinvolte nella gestione delle reti di servizi alla cittadinanza di prendere decisioni rapide, efficaci e utilizzando più dispositivi connessi per risolvere ogni problema e criticità. In tal modo, spiegano da Oracle, sfruttando la retefull-mesh wireless di sensori sparsi per la città di San Francisco, la centrale è continuamente alimentata da un flusso di dati (Open Data) che poi saranno elaborati (perché aperti) e quindi trasformati in puntali informazioni da integrare nei diversi servizi energetici, per la distribuzione dell’acqua, per la mobilità urbana e molto altro.

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Citrix NetScaler offre visibilità elevata per servizi mobile e cloud

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Il nuovo NetScaler Insight Center porta nei data center l’analisi di rete dei Big Data.

 

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Citrix ha annunciatoNetScaler Insight Center, una nuova soluzione basata sull’avanzata piattaforma di cloud networking della società, che offre elevata visibilità e controllo delle applicazioni aziendali e dei servizi mobili business-critical in ambienti cloud pubblici e privati. Basato sull’innovativo standard aperto AppFlow, il nuovo NetScaler Insight Center ottimizza le risorse di rete esistenti, collocate nei principali punti focali del percorso applicativo, per fornire una visione a 360° di tutto il traffico mobile, Web e desktop virtuale. Il risultato è una piattaforma di rete per l’analisi dei Big Data che rende possibile un livello senza precedenti di visibilità e insight in tempo reale del traffico nei data center.

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